Il gioco del ragazzo più povero



Ventuno Aprile 2014.
Sono le dieci.
E’ il momento della ricreazione in una delle tante scuole medie della Repubblica italiana.
Ermes (per gli amici e per suo padre Ermèèè…) ha grandi occhi verdi e folte ciglia nere, corporatura snella e scattante e zazzera scompigliata.
S’avvicina al muretto della scuola e tira fuori dalla tasca la sua fida fionda.
Prende di mira una delle tante lucertole che si crogiolano al sole, aggrappate alle fenditure.
Tem!
Il piccolo sauro crolla al suolo.
                                                        
Suo padre (è figlio di divorziati) l’ha accompagnato a scuola con la sua bicicletta.
Dorme in macchina e vive per strada, perché sua madre con la sentenza gli ha portato via anche le mutande.
Lavorava lì vicino agli impianti di smaltimento e non ha mai perso un giorno di lavoro e un suo turno di accompagnamento.
Ma con la crisi è stato lasciato a casa e adesso mangia alla Caritas locale.
Tem!
Un altro colpo a segno. Un’altra lucertola che si contorce nell’erba.
“Ehi tu, facci provare quella fionda!”
S’avvicinano baldanzosi i bulletti della terza ci. Si sono stufati di smanettare i loro costosi tablet infarciti di videogiochi tonitruanti, e s’annoiano.
Figli di papà nuovi ricchi.
Ora ve la dò io l’azione.
Uno è figlio di un banchiere, un altro di un impresario di macchinette videopoker, quell’altro ancora figlio di un assessore che ha fatto la cresta sulle decine di rotonde inutili che hanno fatto a fette la via Emilia.
“Ehi voi tre, sono forse il vostro cane?” li apostrofa stringendo il pugno all’altezza del loro volto” dico a voi, cagasotto, sono forse il vostro cane?
Aprite bene le vostre orecchie piene di merda: non sono il vostro cane!
E adesso fuori dai coglioni.”
Il più grosso dei tre bulli parte all’istante per stringerlo al collo.
Fulmineo, Ermes si gira, si china e pianta una gran craniata alla bocca del suo stomaco obeso.
Il ragazzone crolla per terra, gli altri due scappano, vili.
Una scena già vista.
Arriva il bidello, Ermes dal preside, Ermes sospeso una settimana.
Come le altre volte il padre di Ermes prende le sue difese e se ne va sbattendo la porta:
“chi insegna non sa fare e chi sa fare non insegna!”
Suo padre dice: “Ermèèè…hai fatto bene. Fanculo al Preside”.
Sua madre, dopo avergli parlato male di suo padre per la milionesima volta, gli ha rifilato uno schiaffone.
Ci provino ancora quei tre figli di papà, ci provino ancora.
Pensa, mentre in garage affila il suo temperino.
Ermes abita dalle parti dell’argine, a San Zenone, sulla pianariva, vicino al fiume Po.
A Po, come dice lui agli amici.
                
E sulla pianariva di San Zenone a Po vediamo aggirarsi i tre bulli.
Dentro i giubbetti firmati nascondono tre sbarre di ferro e con la loro spedizione punitiva vogliono vendicarsi di Ermes.
Ermes ha appena finito di mangiare i panini della Caritas e sta ascoltando la televisione nel nuovo camper di suo padre.
Un regalo del fratello per tirarlo fuori dalla macchina (da poco pignorata dall’ex moglie) prima del prossimo inverno.
Sta parlando il nuovo premier giovane, Matteo Renzi:
“I numeri dimostrano che il Jobs Act funziona…e l’Italia riparte, l’Italia ce la fa!”
“Ma va a cagà bigùl!” impreca il padre scolandosi l’ultima birra “prima ci ha presi per il culo fingendosi di sinistra, poi ci ha reso tutti degli schiavi col suo Giòbatt della nerchia, servi come lo è lui per la Merkel (mai piaciuti i tudesch), e adesso ci prende in giro di nuovo da democristiano qual è!
Puzza d’incenso ma non ha mai una parola per quelli che stanno male, restano indietro e non ce la fanno, vadaviàalcù!”
Ermes sente i cani del muraglione abbaiare ed esce per vedere chi sta arrivando.
Suo padre continua a smoccolare:
“Gli italiani hanno sempre bisogno di qualche venditore d’aspirapolveri per farsi togliere le castagne del fuoco! Malcapass!*
Un tempo erano gli uomini veri e le donne toste ad andare a raccoglierle nei boschi!
Vergogna! Dove sono finiti gli uomini e le donne con le palle?”
Ermes entra subito in azione e libera dalle gabbie messe ad arte vicino al muraglione le sue decine di milò catturati a Po.
                      



L’argine lungo il tratto terminale dell’Olona che porta alla passeggiata, in pieno centro, è pieno di buchi e tane dove i biacchi (i milò) nidificano e proliferano.
Ermes libera dei topolini lungo la costa e si nasconde nella vegetazione per godersi lo spettacolo.
Ben presto i tre bulli vengono circondati da centinaia di milò che attraversano lo sterrato.
Si stringono uno all’altro come conigli e cominciano a urlare:
“Aiuto! Mamma! Papà!”
                               


“E la nonna non la invocate ciaparatt? Buttate a terra quelle sbarre che sporgono dalle vostre grasse pance e vengo a salvarvi, picimolli!”
“Certo Ermes scusaci tanto!”
“Bene: state fermi e non muovetevi! Non ostruite il loro passaggio e non vi morderanno. State fermi e non guardateli negli occhi, o vi ammalerete!”
I tre bulli s’inginocchiano per terra tremanti, mentre le serpi biancheggiano guizzanti vicino ai loro piedi.
Poi odono il suono di un flauto primordiale.
Ermes risale l’argine suonando una canna di palude intagliata e i biacchi filano via, chi a caccia di topi e di rane e chi nelle tane.
I tre bulletti lo abbracciano riverenti:
“Ermes tu sei il nostro capo! Viva Ermes!”
“Ora potere chiamarmi Ermèèè, fifoni, lapitt*”
“Evviva Ermèèè!”

Sono le dieci.
E’ il momento della ricreazione in una delle tante scuole medie della Repubblica italiana.
Il Preside, come sua abitudine, una volta al mese gira tra le ragazze e i ragazzi per vedere quali giochi fanno per divertirsi, ad uso e consumo di un suo studio sulle “attività ludiche della gioventù moderna”.
Requisisce qualche sigaretta accesa e qualche cellulare troppo rumoroso e s’imbatte nei tre ragazzi implicati nel caso di bullismo con Ermes.
E’ da qualche settimana che tra i quattro sembra nata una salda amicizia.
“Prof, prof, venga a vedere il gioco di Ermes: è una figata!”
“Il linguaggio, ragazzi…”
S’avvicina a Ermes che regge uno scatolone animato da forte vibrazioni:
“Guardi Preside, i giochi della gioventù moderna…”
Il Preside scosta gli alettoni della scatola e ne balza fuori un enorme ratto di fogna che per un pelo non gli morde il naso, per poi svanire in un baleno oltre il muretto di cinta della scuola media.
Il Preside collassa a terra svenuto.
                          
“Gli ha visto gli occhi, Ermèèè, s’ammalerà di leptospirosi o gli viene la lebbra! Ahahahah!”
“Chi insegna non sa fare e chi sa fare non insegna!”
E giù a ridere.

* Incapaci
* Conigli

A Charles Baudelaire, a PPP

                                 
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