Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì...




Intorno a lui un gradevole e fortissimo odore di legno nell’aria…si stava risvegliando.
Qualcosa respirava vicino, nascosto tra le sequoie giganti.
Lo vide alzarsi: una mostruosa testa lunga almeno un metro e mezzo, munita di una serie impressionante di denti aguzzi, laceranti.
Gli arti anteriori erano quasi dei moncherini atrofizzati e il ventre invece era enorme (per inghiottire grosse porzioni di carne recise di netto dalla sua chiostra di zanne), supportato da due zampe posteriori lunghe e potenti, alte almeno tre metri e mezzo.
Passo dopo passo iniziò a inseguirlo, e lui per forza di cose cominciò a correre.
Era inseguito da qualcosa che aveva le dimensioni di un elefante, la ferocia di una tigre e la dentatura di uno squalo bianco!
Non era molto sportivo quell’evento, non aveva fatto nemmeno colazione e appena sveglio si ritrovava già in un film di Spielberg!
Stava per essere acciuffato e divorato, quando trovò la solita provvidenziale cascata in cui si tuffò.



Piombò nel laghetto circostante, lottò con le rapide (come da copione), stava per annegare ma essendo un eroe riuscì a trascinarsi sulla riva.

Sdraiato nell’erba, rifletteva sull’accaduto, lentamente cominciava a ricordare qualcosa.
In lontananza il dinosauro ringhiava la frustrazione d’aver perso, per il momento, il suo pasto.
I casi erano due: quando si era svegliato, il tirannosauro che aveva cercato di ignorare addormentandosi, era ancora lì; oppure, quando si era svegliato, il grande sauro che aveva sognato nel sonno era ancora lì.
Colse un frutto saporito da una pianta vicina, e dopo averlo mangiato le memorie divennero più nitide.

Stava conversando con degli amici sul rapporto dell’uomo col Tempo.
Aveva scritto un post sul suo sito letterario preferito, Neteditor: il pezzo s’intitolava “Attimo immenso”.
Nel testo esponeva la tesi che un vero Attimo felice non si definisce in rapporto col passato o col futuro, ma passato e futuro devono acquistare fisionomia e senso in rapporto all’Attimo presente.
Nel corso dell’esistenza il nostro passato instaura una pesante autorità nei nostri confronti, e l’impotenza verso il macigno di quel passato ci spinge a vendicarcene ricercando un colpevole e un responsabile per la nostra incapacità a modificarlo e rimuoverlo.
L'esempio ormai classico? Quei frustrati che si mascherano con un avatar per distruggere tutto il santo giorno i contenuti di valore di chi invece vuole costruire qualcosa di buono.
Era seguita un’avvincente conversazione con gli utenti del litblog.



Verso sera era stato abbordato via mail da un venditore anonimo di nuove droghe sintetiche on line.
“Caro Mauro Moscone, hai posto davvero una bella questione: come rovesciare il peso del così fu?
Ti consiglio la mia pastiglia COSI’ VOGLIO CHE SIA, la vendo a sole cento euro.
La risposta all’impotenza verso il nostro passato sta nel cogliere l’Attimo Immenso.
Ogni attimo del divenire deve essere giustificato in sé e non perché tende verso un altro attimo passato o futuro.
Quest’alienazione è la causa della somma infelicità umana.
Nulla sussiste isolatamente: acconsentire a un Attimo Immenso non vuol dire di sì solo a noi stessi ma a tutta la vita, totale.
In questo modo il nostro presente diventa praticamente il passato e il futuro simultaneamente.
Il rapporto di reciproca determinazione tra passato e futuro è reso possibile solo dall’Attimo Immenso inteso come decisione, come sguardo rapinoso, come taglio che discrimina e agisce.
Scegli il mio prodotto e sarai nel COSI’ VOGLIO CHE SIA e non ti sentirai più impotente e risentito”.
Imbrogliato dalla sua curiosità, acquistò la pastiglia (colorata con uno strano pigmento rosa viola cangiante e fluido) e si addormentò…


- disegno del maestro Sergio Toppi -

Intorno a lui un gradevole e fortissimo odore di legno nell’aria…si stava risvegliando.
Qualcosa respirava vicino a lui, nascosto tra le sequoie giganti.
Lo vide alzarsi: una mostruosa testa lunga almeno un metro e mezzo, munita di una serie impressionante di denti aguzzi, laceranti.
Gli arti anteriori erano quasi dei moncherini atrofizzati e il ventre invece era enorme (per inghiottire grosse porzioni di carne recise di netto dalla sua chiostra di zanne), supportato da due zampe posteriori lunghe e potenti, alte almeno tre metri e mezzo.
Passo dopo passo cominciò a inseguirlo, e lui cominciò a correre.
Era inseguito da qualcosa che aveva le dimensioni di un elefante, la ferocia di una tigre e la dentatura di uno squalo bianco!
Non era molto sportivo quell’evento, non aveva fatto nemmeno colazione e appena sveglio si ritrovava già in un film di Spielberg!
Stava per essere acciuffato e divorato, quando…

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