Quella notte a Le Caillou, prima della battaglia di Waterloo

                    
                                                                                       I


17 giugno 1815.
La notte prima della battaglia di Waterloo si scatenarono precipitazioni torrenziali di proporzioni bibliche. 
Un violento temporale si riversò al suolo, trasformando le strade in pantani e i campi in mari di fango.
Un ufficiale inglese del 51esimo Reggimento Fucilieri, Wheeler, in seguito scrisse: 


                                                           

"Il terreno era troppo bagnato per sdraiarsi ... l'acqua scorreva a fiotti dai polsini delle nostre giacche.
Abbiamo avuto una sola consolazione, sapevamo che il nemico era nella stessa situazione.” 
Wheeler aveva ragione: la pioggia incessante sarebbe stata un inconveniente per tutte e tre gli eserciti in guerra, non da ultimo lo schieramento dei Prussiani, mentre lottavano lungo le strette stradine di campagna per collegarsi con il generale inglese Wellington.


           

Napoleone e i suoi generali s’installarono in una fattoria nelle prossimità degli accampamenti, sulle colline, dell’esercito anglo-olandese, e stabilirono il loro quartiere generale.
Il suo nome: Le Caillou, il “sasso”.
L’Imperatore era stanco ed erano dovuti intervenire ben due attendenti per togliergli gli stivali fradici e incollati ai piedi.
Intorno a un tavolo cominciò a discutere sulla strategia da tenere in battaglia.
Cercava di nasconderlo ma il suo cuore era pieno d’ansia.
I suoi generali non erano più brillanti ed energici come una volta.Ma nel dettaglio, lo preoccupavano le divisioni anglo-olandesi e le posizioni che avrebbero assunto il mattino seguente sul campo di battaglia.
Wellington avrebbe abbandonato la zona di Mont Saint Jean per asserragliarsi nella città di Bruxelles oppure no?
Per fugare questi dubbi assillanti, com'era sua abitudine prima di una battaglia decisiva, volle sincerarsi personalmente della situazione e nelle prime ore del mattino si recò a ispezionare gli avamposti della sua armata, approfittando della vicinanza della prima linea nemica, per osservare accuratamente i bivacchi dei soldati del duca di Wellington accampati ai margini della foresta di Soignies.


                                                    
  
« Laffite!»
Napoleone chiamò un suo fedele attendente della Vecchia Guardia, un “grognard” imponente e nerboruto.
« Comandi, Empereur»
«Avete trovato l’informatore del posto? Stiamo partendo in esplorazione e ho bisogno di sapere che cosa c’è oltre quelle colline e dove portano certi sentieri che ho avvistato arrivando in questo posto.»
«Ordine eseguito. E’ un giovane contadino del posto, Arthur Decoster.
                                                      
  
Obbedirà senza alcun problema, teniamo agli arresti il padre Jean Baptiste e la madre Marie».
«Andiamo, allora, non c’è tempo da perdere.»




                                                     II
«Merde!»
Napoleone aveva mostrato un forte nervosismo durante quel giro di perlustrazione nel cuore della notte; sopratutto per il persistere della pioggia che sembrava rendere difficoltoso l'impiego dell'artiglieria; alcuni ufficiali affermarono che sarebbe stato impossibile iniziare la battaglia al mattino; maledizione! non aveva tempo a disposizione, doveva attaccare, sconfiggere e disperdere le forze di Wellington prima che si ricongiungessero con l’esercito prussiano di von Blucher.
  
L'imperatore ordinò che si piantasse una tenda da campo e una volta montata si riparò dalla pioggia al suo interno e passò il tempo studiando accuratamente le mappe e predisponendo lo schieramento tattico del suo esercito.
Guardato a vista dai suoi “grognard”, gli capitò d’incrociare per la prima volta lo sguardo di quel Decoster.
                                                 
  
Il nome non lo ricordava più, Napoleone non aveva tempo per memorizzare i nomi di nessuno, ma solo per pensare e agire per la grandezza dell’Impero.
Il ragazzo si stava rimirando il volto adolescenziale in uno specchietto da campo.
Era biondo e con grandi occhi azzurri, certo di stirpe fiamminga.
Sorrideva in modo enigmatico e sfrontato, nello stesso tempo.
«Laffite, chieda a Decoster in quanto tempo asciuga il terreno da queste parti»
«Dipende da quanto è piovuto, Monsieur Napoleon»
                                                         
   
«Come ti permetti, bifolco?» urlò il poderoso grognard afferrando Arthur Decoster per il bavero.
Stava per colpirlo con un manrovescio quando l’imperatore comandò:
«Lascialo andare, Laffite. 
Mi piacciono i giovani coraggiosi e sfrontati, come del resto ero anch’io.
E allora Decoster, dopo questo temporale, quando sarà asciutto il terreno, secondo voi?»
«Se smette entro mezz’ora, almeno fino a mezzogiorno le vostre palle da cannone non potranno rimbalzare sul terreno per mozzare teste e arti, Empereur.»
I gesti grotteschi e il fare irriverente, disinibito ma nello stesso elegante e sciolto suscitarono l’ilarità generale del gruppo di esploratori.
Napoleone era visibilmente divertito da quel ragazzo e volle giocare:
«Senti, senti: abbiamo tra noi un generale in erba.
Avanti, allora: insegnateci Decoster: secondo voi che cosa dovremmo fare?
Attaccare, mantenere le posizioni o ritirarci in postazioni migliori?»
«Ascoltatemi attentamente, Monsieur Napoleon: questa notte ho fatto un brutto sogno, un incubo.
Sulle colline e le campagne di Waterloo pioveva sangue, un diluvio: sopra cataste di morti e mucchi di feriti che gridavano orribilmente…urlavano così forte che mi hanno svegliato di soprassalto, mentre stavate arrestando e picchiando i miei genitori!
Francesi! Scappate finché siete in tempo, e a gambe levate!
Presto, per colpa della fretta che vi sta dando al cervello, Imperatore dei miei stivali, morirete tutti! E allora riderò io: ahahahhaha!» 
Laffite, con un pugno terrificante, strozzò la risata in gola al Decoster e lo tramortì. 
Arthur crollò a terra con un labbro sanguinante e spaccato.
                                        
  
Napoleone era impallidito e si era dovuto sedere perché gli girava la testa.
Si prese le testa tra le mani e dopo un lungo silenzio ordinò:
«Domani, anzi dopodomani all’alba, perché voglio che questo sfacciato bastardo assista alla nostra gloriosa vittoria, fucilatelo davanti ai suoi genitori.
E per quanto riguarda la battaglia, non vi preoccupate: io vi dico che questo Wellington è un pessimo generale, che i soldati inglesi non valgono niente e che questo scontro finirà prima di pranzo!»
«Vive l’Empire! Vive la France! Vive l’Empereur!» gridarono all’unisono i “grognard”.
                                      
                                           - la Vecchia Guardia non si arrende, muore! -

                                          

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