L'Eroe, il Drago e la Madre di Mauro Banfi


C’era una volta un Regno dove comandavano le madri.
I nuovi nati, una volta diventati bambini e bambine, dovevano superare una prova per diventare adulti.
Bisognava arrivare ai piedi dell’arcobaleno, uccidere il terribile Drago sputafuoco e riportare a casa la pentola piena d’oro.
La madri avevano bisogno dell’oro per mettere in tavola il pane, il vino e il salame.
Fino ad allora, ben pochi era rientrati a casa vivi dalla prova col Drago e quei pochi erano sempre tornati a mani vuote.
Allora i padri si procuravano l’oro dichiarando guerra agli altri regni e il sangue scorreva a fiumi. Il risultato era che i padri erano sempre assenti e quei pochi che tornavano erano resi pazzi dalle violenze subite e inflitte ai nemici.


Venne il momento dell’iniziazione di Walden, un ribaldo monello riccioluto che abitava in un bosco del Regno.

Sua madre gli porse la corazza, lo scudo e la spada, ma lui rifiutò tutto quell’armamentario.
«Ma queste sono le armi di un Eroe, figlio, come farai ad ammazzare il Drago?» gli chiese la madre.
«Sono un altro tipo d’eroe, mamma, vedrai che ci so fare».
Giunto ai piedi dell’arcobaleno in groppa a un macilento asinello, Walden chiamò il Drago:
«Amico Drago, aspetta un attimo a incenerirmi, dovrei chiederti una cosa, prima di lottare.»
«Ahahhah!» rise il Drago emergendo dal suo fetido antro «ma tu sei un buffone disarmato, e non un Eroe, sei davvero ridicolo. Domanda pure, tanto sei bello che morto.»
«Volevo chiederti se al posto di darmi fuoco, potresti per cortesia divorarmi senza masticarmi e lasciare che il tuo stomaco assimili lentamente, con la digestione, il mio corpo.»
«Ahahhha! Sei davvero un pagliaccio! Ecco qua, ti accontento subito! Slurp!»
In men che si scriva Walden venne risucchiato dentro il gigantesco esofago del Drago.
I corrosivi succhi acidi dello stomaco della bestia stavano per aggredirlo, quando Walden fece uscire dai pantaloni il suo Serpente ammaestrato che lo avvolse proteggendolo dai liquidi letali.



Per tre giorni Walden visse dentro il Drago e imparò com’era fatto.
Dai suoi orifizi vide come viveva e dove andava e dove teneva nascosta la pentola d’oro. Si trattava di un grosso uovo nero posto ai piedi di una quercia.
Poi estrasse il suo temperino e aprì il Drago dall’interno, sbudellandolo e venendo fuori dal suo pancione.
Presa la pentola d’oro non si diresse verso il Regno delle madri, ma si recò alla caverna del vecchio eremita Filemone, un povero anziano che era stato dichiarato pazzo dalla comunità delle madri perché aveva osato criticare il culto dell’Eroe e del Drago e dell’Oro.  


E per questo era stato esiliato e rinchiuso in quell’umida spelonca.
Con l’aiuto del suo asinello spostò il pesante macigno e liberò l’eremita.
Filemone lo ringraziò, e mentre si lisciava la lunga barba bianca lo osservò attentamente.

«Io ti conosco: sei Walden, il fratello del Drago.
In nome di Dio ti chiedo: vuoi prendere possesso di un altro arcobaleno e nascondere ai suoi piedi la pentola d’oro o vuoi buttare via quelle ricchezze per dare pace alla tua anima?»
Walden per tutta risposta gettò la pentola d’oro in un dirupo.
«Bene, ora puoi dormire finalmente. La lotta col Drago per l’oro e la madre è finita.»
Walden si distese nell’erba e dormì, vegliato da Filemone.
In sogno vide che dentro lo stomaco del Drago erano cresciuti centinaia di fiori colorati.
 


Le immagini sono tratte liberamente dal "Liber Novus", il "Libro rosso" di Carl Gustav Jung.
Il racconto è dedicato alla memoria di Carl Gustav Jung e di James Hillman: un grazie per avermi aiutato a non smarrire la mia anima.

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