11/12/16

ERIK SITTONE


           
  Regia Grafica del racconto e illustrazione originale di Fabio Cavagliano
   
"II Comune di Pavia conserverà in perpetuo i boschi, mantenendone inalterata la parte ad essenze forti, testimonianza preziosa dell'antica vegetazione del Ticino". 
Dal lascito di Giuseppe Negri dopo la sua morte nel 1968 

“Da Morte questo mondo era coperto, da fame, perché Morte è fame”.
Śatapatha Brāhmaṇa 



Il Bosco “Siro Negri” situato nel cuore del Parco del Ticino, a poca distanza dal centro per la reintroduzione della Cicogna Bianca di Cascina Venara, è di proprietà dell’Università di Pavia alla quale venne donato come eredità dal testamento di Giuseppe Negri, che lo volle dedicare alla memoria del fratello Siro. 
Nel 1970, in occasione dell’Anno Europeo per la conservazione dell’ambiente, il bosco, che ha una estensione di poco superiore ai dieci ettari, è stato definito “Zona A”, Riserva Naturale Integrale.



         


E’ uno degli ultimi lembi della foresta riparia del fiume Ticino e riveste una grande importanza biologica, storica e scientifica.
Questo prezioso patrimonio conserva ancora oggi molto della foresta planiziale che un tempo ricopriva la quasi totalità della Pianura Padana; al suo interno sono presenti maestose piante di pioppo nero e bianco.
Gli alberi hanno un'altezza media di trenta metri, con esemplari che superano i quaranta.
La componente arborea è formata inoltre da alberi di farnia alla quale si accompagnano, nelle aree più umide gli alberi di olmo e di ontano nero. Edera e clematide sono le liane più comuni e diffuse; rara la vite silvestre.
Lo strato arbustivo alto supera i dodici metri; l'arbusto più diffuso è il nocciolo; ma hanno una buona presenza anche il pado e il biancospino.
I bassi arbusti sono dispersi e sono dominati dal cappel di prete e dal sanguinello.Le erbe formano un tappeto quasi continuo; tra le più diffuse vi è Oplismenus ondulatifolius . 
Molte sono le piante schiantate al suolo e particolarmente intricata è la vegetazione sopracitata del sottobosco: questo è dovuto al fatto che da decenni non si fanno volutamente interventi e la vegetazione è libera di scegliere la sua evoluzione naturale. 
Questi alberi caduti sono il simbolo del collegamento fra la morte e la vita che continuamente risorge.

        

Il Bosco Siro Negri è un luogo magico dove dall’apparente caos rinasce la bellezza della vita. 

E in questo piccolo Eden s’aggiravano Erik Sittone con i suoi due complici, il “Luccio” e il “Siluro”, i due fratelli Lucio e Silos Brondoni.
Erik, bracconiere e tagliatore abusivo di alberi, con la sua motosega munita di silenziatore a tracolla, con pochi cenni indicò ai suoi assistenti, (anch’essi armati di ascia e di scure), di dirigersi verso un pioppo bianco monumentale che si stagliava, quasi a toccare il cielo, nel centro del bosco.
Stavano marciando fin dal primo mattino lungo la sponda protetta dal canneto e dagli arbusti del Ticino, ben attenti a non far rumore per non farsi notare da nessuno. 
A Erik della “Zona A” non fregava niente: era d’accordo con un mobiliere della zona per la consegna di un’ingente partita di assi di pioppo bianco secolare che sarebbe stata pagata con un prezzo esorbitante. 
E così, eseguito a puntino quel lavoro, sarebbe potuto andare a caccia in Polonia per un mese con i suoi cani da caccia vichinghi, la sua fedele muta di Deutsch Drahthaar. 
Puntando verso il maestoso pioppo bianco, i tre tagliatori abusivi passarono nelle vicinanze di uno strano tempietto di marmo bianco, dove troneggiava vicino alla sua entrata la statua la figura di una regale signora che reggeva una torcia con la mano destra e un fascio di spighe e papaveri con la mano sinistra. 

           

«Avanti ragazzi, non perdiamo tempo a vedere che cosa c’è dentro a quel cesso imbiancato di fresco: sarà la solita sega mentale di quei froci comunisti dell’Università di Pavia…» disse Sittone, gorgogliando un risolino feroce, mentre si faceva largo tra gli arbusti del sottobosco a colpi di machete. 

Il “Luccio” e il “Siluro” gloglottarono una risata sgangherata in segno di risposta e gli andarono dietro, frementi di finire il lavoro e incassare la loro parte per bersela al bar in birre e calici di vino frizzante.
In men che si dica il trio di bracconieri del legno raggiunse la base del grande pioppo monumentale, che tramite il suo fogliame rilasciava nell’aria un tremulo brusio.